Inaugurazione Anno Giudiziario 2025, Sottani: “In aumento in Umbria reati di violenza sessuale e maltrattamenti”


“Gli uffici requirenti del distretto – ha ricordato il Procuratore Generale di Perugia Sergio Sottani in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2025 – hanno accettato la
sfida tecnologica del Processo Penale Telematico, nonostante nessuna risorsa umana sia
stata assegnata dal PNRR. Alla segnalazione delle molte, troppe, carenze del nuovo
applicativo ministeriale, si è sempre affiancata la contestuale proposta di concrete
soluzioni”.
“Sin dal febbraio 2022 – ha proseguito Sottani nel suo intervento – gli uffici requirenti umbri si interrogano sull’utilizzo dei sistemi di
Intelligenza Artificiale. La direzione imboccata è chiara: rifiuto della giustizia predittiva,
assoluta centralità del giudizio umano ed estrema cura nella riservatezza del dato. Netta
opposizione a qualsiasi forma di turbo liberismo tecnocratico. Massima osservanza delle
indicazioni del Regolamento Europeo del giugno 2024, che qualifica ad “alto rischio” l’uso
dell’IA nella decisione giudiziaria.
Per l’effetto, va incentivato l’utilizzo a supporto dell’attività umana, così come compiuto per
la relazione scritta di questo Procuratore Generale, nonchè per l’automazione dei
procedimenti amministrativi, meramente esecutivi.
Si è puntato al benessere organizzativo della magistratura requirente con interventi di
supporto psicologico.
Nella stessa direzione si muovono lo sviluppo della Banca Dati della giurisprudenza di
Merito, la diffusione mensile del Notiziario, l’autoformazione continua, nonchè l’analisi
quantitativa e qualitativa dei flussi statistici. La conoscenza puntuale della giurisprudenza
del distretto serve per un utile e prevedibile esercizio dell’azione penale, oltre che per
cercare di ridurre l’errore giudiziario nel suo ambito fisiologico. Un’azione penale mai
omologata ma sempre consapevole dei profili interpretativi che la normativa
inevitabilmente determina.
La segretezza della fase investigativa incide sulla conoscenza mediatica degli atti
processuali. Il legislatore è nuovamente intervenuto con il Decreto Legislativo n. 198 del
dicembre 2024, che per taluni avrebbe serrato la “museruola” al “cane da guardia della
democrazia”.

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In questo distretto opera dal marzo del 2022 un “Osservatorio”, istituito per cercare un
bilanciamento tra il doveroso rispetto della presunzione di innocenza e della riservatezza
dei terzi, non coinvolti nel processo penale, a fronte del dovere di informare correttamente
e del diritto dell’opinione pubblica ad essere informata.
L’andamento della criminalità nel distretto è analiticamente indicato nella relazione.
I reati che creano maggiore allarme sociale continuano ad essere quelli legati al traffico da
sostanze stupefacenti e dai furti in appartamento.
Preoccupante il notevole aumento, in tutto il distretto, dei reati contro la persona, con
recenti episodi di notevole gravità.
Incremento di casi di violenza alle persone ed alle cose all’interno degli istituti penitenziari;
in quello ternano, nel corso di un interrogatorio, si è tentata una violenta inaudita
aggressione ad una giudice del locale Tribunale.
Su quest’ultimo aspetto corre l’obbligo di segnalare specifiche inquietanti minacce, non
solo anonime, rivolte a singoli magistrati di questo distretto.
Vertiginoso aumento anche per i reati informatici che rappresentano la nuova frontiera per
la commissione di delitti.
Particolare attenzione è stata prestata per i reati che colpiscono beni collettivi, come quelli
contro l’ambiente, ed in materia di lavoro, sia in tema di infortunistica che
sull’intermediazione illecita ed il caporalato.
Tendenzialmente stabile il dato sui casi di omicidio stradale. Nel novembre 2023, questa
Procura Generale e le Procure del distretto hanno sottoscritto il Protocollo operativo per un
miglior accertamento dei casi di guida in stato di alterazione, da monitorare e adeguare
alla luce della nuova normativa contenuta nella legge n. 177 del novembre scorso.
Per quanto riguarda i reati definiti da “codice rosso”, l’impegno organizzativo degli uffici
requirenti è stato totale, ma troppe volte gravato da adempimenti meramente burocratici
ed inutilmente defatigatori.
Nonostante la massima attenzione, in Umbria si è registrato il triste primato del primo caso
nazionale di femminicidio nel 2025.
Questo conferma la necessità di proseguire con strumenti ulteriori rispetto a quelli
processuali, quali la coinvolgente attività dell’“Osservatorio sul linguaggio dei
provvedimenti giudiziali”, istituito nell’agosto 2022, per eliminare la cultura maschilista e
sessista dalle aule giudiziarie, e la creazione di una rete istituzionale di immediata
assistenza alle donne, vittime di violenza domestica o di genere.

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Sempre nell’ottica multidisciplinare si rivolge l’attiva partecipazione di questa Procura
Generale al “Tavolo integrato di confronto permanente su famiglia e minori”.
Alla doverosa risposta repressiva della criminalità minorile, che registra un inquietante
aumento di gravi episodi delittuosi, devono affiancarsi sempre e comunque processi di
supporto psicologico, in quanto si tratta di soggetti non ancora maggiorenni con una
personalità in continua formazione, e di integrazione, specificamente per i cittadini italiani
di seconda generazione.
Appare meritoria la partecipazione educativa dei magistrati negli istituti scolastici regionali,
per diffondere la cultura della legalità, che passa anche attraverso un uso consapevole dei
social.
La risposta meramente repressiva, frutto di una cultura panpenalistica, che pensa di
risolvere i problemi innalzando le pene od introducendo nuove fattispecie criminali, come
testimoniato dall’introduzione, solo nell’ultimo biennio, di molti nuovi reati e di svariati
inasprimenti di pena, è ispirata inevitabilmente da una concezione carcerocentrica. Siffatta
politica legislativa non sembra tenere conto del dato sconfortante sull’effetto rieducativo
della pena, fornito dal tasso di recidiva della popolazione carceraria. Il 75% dei soggetti
detenuti negli istituti umbri è stato ristretto almeno due volte in carcere.
Sulla situazione carceraria gli uffici requirenti del distretto hanno stipulato protocolli ed
indetto riunioni assembleari, a mò di” stati generali”. Per suo conto, questo Procuratore
Generale ha periodicamente fatto visita agli istituti penitenziari, per testimoniarne
l’attenzione.
Elevatissimo risalto mediatico, a cui ha contribuito l’audizione della Commissione
Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno delle mafie, ha riscosso il delicato ed impegnativo
procedimento istruito dalla Procura perugina in tema di presunto accesso abusivo alla
banca dati della Direzione Nazionale Antimafia.
Appare significativo l’esito del processo “Quarto Passo”, che ha inflitto 277 anni di carcere
a 30 imputati di una presunta associazione mafiosa, che avrebbe operato nel territorio
perugino nel primo decennio di questo secolo fino al 2013. Si è di fronte ad una sentenza
non definitiva e di cui ad oggi non si conosce la motivazione, ma quanto emerso certifica
la fondatezza dei segnali di allarme, da sempre lanciati da questo Procuratore Generale,
sulla presenza della criminalità organizzata in Umbria.
In primo grado si è concluso anche il processo c.d. “sanitopoli” in tema di reati contro la
pubblica amministrazione.

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I processi definiti nella locale Corte d’appello per reati commessi dai c.d. “colletti bianchi”,
siano essi di natura economico finanziaria o per fatti collegati ad abuso di potere, sono in
numero particolarmente esiguo. Il dato sembra avvalorare l’opinione secondo cui esiste
nel nostro sistema penale “un doppio binario”: da una parte, per citare il vetusto Francesco
Carrara, il diritto penale “dei galantuomini”, come tali tutelati dalle norme processuali,
dall’altro il diritto penale “dei briganti”, sottoposti al rigore della legge.
Il bilancio dell’anno giudiziario nel distretto umbro evidenzia un impegno notevole verso
l’innovazione e la trasparenza, ma è indispensabile che l’organico del personale di
magistratura ed amministrativo sia al completo e che quest’ultimo, per quanto riguarda la
Procura di Spoleto, sia finalmente ampliato.
Nella nostra regione gli uffici requirenti hanno instaurato in questi anni un proficuo
confronto, nutrito dal profondo reciproco rispetto, con l’avvocatura, l’accademia, le
istituzioni politiche e gli organi di informazione.
Si è sinceramente convinti che il dialogo non solo serve a stemperare le tensioni che
fisiologicamente sorgono dalla dissonanza delle opinioni, ma arricchisce, soprattutto
quando si riesce ad ottenere una soluzione condivisa.
In occasione dei lavori dell’Assemblea costituente, che cercava di ricomporre l’unità
nazionale, frantumata dalla tirannide fascista, e di ricostruire il paese sulle macerie
belliche, due componenti di diverso orientamento, quali Giovanni Leone e Piero
Calamandrei, sottolinearono entrambi come l’indipendenza del pubblico ministero dal
potere esecutivo fosse essenziale per la tutela dei diritti dei cittadini e per l’efficacia
dell’azione penale.
Deve costituire patrimonio comune l’affermazione che i valori di autonomia e di
indipendenza sono lo strumento per l’affermazione del principio di uguaglianza. Se si
scalfiscono i primi, si incide sul secondo.
Per evitare, tuttavia, che quei valori vengano percepiti come privilegio corporativo, occorre
che la magistratura abbia una salda competenza tecnica, sia dotata di equilibrio
istituzionale, resti lontana dai luoghi di potere e mantenga condotte eticamente
ineccepibili, finalizzate esclusivamente al servizio della collettività.
La magistratura è sempre stata all’altezza della sua missione istituzionale? Probabilmente
no.
Lo spirito di servizio non dovrebbe mai cedere alla tentazione di captare il consenso,
politico o mediatico, ma rimanere scevro da ogni interesse personalistico. L’unico scopo è

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quello di garantire i diritti irrinunciabili della persona, soprattutto quando minacciati
dall’autorità pubblica.
Compito per cui non bisogna essere coraggiosi, quanto piuttosto professionalmente
preparati; indifferenti all’esito della decisione, ma pienamente consapevoli degli interessi
coinvolti nella materia trattata.
Troppe volte, tuttavia, si assiste ad una rappresentazione mediatica o politica, fortemente
denigratoria della magistratura, a volte gratuitamente offensiva ed ispirata da un
acrimonioso livore. Ciò inevitabilmente cagiona una perniciosa ed indiscriminata
delegittimazione del sistema giudiziario nel suo complesso.
La magistratura deve essere tutelata dalle offese personalizzate e dalle accuse
oltraggiose, anche se deve saper accettare le legittime critiche al suo operato.
Non va neanche dimenticato come la magistratura sia sottoposta a controlli
particolarmente rigorosi, come testimoniato, nel nostro distretto, ad esempio da recenti
vicende.
“È facile essere buoni. Difficile è essere giusti” ha detto Victor Hugo.
Probabilmente, non è facile nemmeno essere buoni, specialmente quando nel mondo
riecheggiano boati bellici a cui andrebbero contrapposte le parole armoniose e di pace dei
nostri conterranei San Francesco ed Aldo Capitini.
Sicuramente è difficile essere giusti, soprattutto quando si deve decidere se formulare
un’accusa penale.
Aurelio Sansoni, magistrato in Toscana durante il ventennio fascista, il primo giudice ad
essere definito con disprezzo “rosso”, quindi politicizzato, fazioso, non legittimato: “Non
era in realtà né rosso né bigio“, scrisse Calamandrei, “era semplicemente un giudice
giusto: per questo lo chiamavano “rosso”.
Sarebbe inquietante se il potere inquisitorio venisse ricoperto da un corpo della
magistratura separato, privato della cultura della giurisdizione e teso solo a sostenere le
ragioni dell’accusa. Dietro le quali, potrebbe facilmente albergare la “ragion di Stato”.
Ancor più triste se quelle condotte, sopra ricordate, che oggi sono considerate patologie
del sistema, un domani, con un adeguato ritocco costituzionale, dovessero diventare la
regola sostanziale, non scritta ma terribilmente cogente, cui uniformare l’azione cui
uniformare l’azione del pubblico ministero.